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Questa serie di cinque affreschi della parete destra, si era aperta di sera con le due scene ambientate nello stesso cenacolo, e si chiude simmetricamente di notte con due scene simili, entro due ambienti diversi ma connotati dalla stessa prospettiva semifrontale: Gesù davanti al potere religioso qui, e davanti al potere civile e religioso insieme, nel riquadro seguente (quel potere che nel registro superiore è incarnato da Erode: Fuga in Egitto e Strage degli innocenti). Egli, rispondendo ad una precisa domanda, giunge alla dichiarazione esplicita: è "il Cristo, il Figlio di Dio". Giotto rappresenta lattimo successivo a questa confessione: iroso, Caifa (riconoscibile per labito verdastro) si strappa le vesti di fronte alla "bestemmia". Gli siede a fianco Anna. Un soldato leva la mano a schiaffeggiarlo, e Gesù si gira a guardarlo, con la mitezza dellagnello innocente che sta per essere sacrificato.
Pietro, il quarto da sinistra, osserva, nascosto tra la piccola folla: è privo di aureola, lui che per tre volte ha detto di non conoscere Gesù (Lc 22, 54-62). Rinnegamento: tradimento dellAmico per paura di subire la stessa sorte. Mentre vediamo Gesù che si gira a guardare il discepolo, appena dietro il soldato dalla mano levata, possiamo immaginare il canto del gallo, poi Pietro che esce e piange amaramente: con quello sguardo Gesù lo ri-chiama e lui accusa il colpo. La differenza con Giuda non è in una capacità di coerenza, ma in questo attaccamento a Gesù, in questa affezione colma di stima, che sfonda il caratteraccio, i gesti violenti e istintivi, il tradimento: un legame così fortificato e purificato dal pianto doloroso che ancor più luminosa tornerà a brillare laureola. Un triplice "no", poi il pianto, soglia di quel triplice "sì" alla domanda che gli farà Gesù Risorto: "mi vuoi bene?" (Gv 21, 15-17). Al moralismo del mio sforzo doveristico si oppone la moralità come semplice "sì" al Suo fascino, al Mistero che si è fatto un Tu presente. Ti voglio bene, io che nemmeno oso guardarTi in faccia dopo che ti ho tradito. Infine uneloquente "tripletta". Nella tradizione bizantina i comuni mortali sono di profilo, mentre la posizione frontale si confà alla dignità divina di Cristo e a quellapice dellumano (strumento divino per operare la giustizia in terra) che è limperatore. Giotto, che finora ha sottolineato lumanità di Gesù dipingendolo di profilo o di tre quarti, ce lo mostra ora frontale giusto quando Egli confessa la propria divinità. Stessa posizione in Gesù che sale il Calvario (ovvero in Colui che non teme di avviarsi a portare la propria divinità allimo della kènosi) e nel Cristo che scende a operare la giustizia eterna, al centro del Giudizio universale della controfacciata. Una "tripletta" che invera laffermazione della divina Paternità da parte di Gesù dodicenne anche allora in posizione frontale ritrovato fra i dottori del tempio. |