30. Gesù davanti ad Anna e Caifa (alta definizione)

Questa serie di cinque affreschi della parete destra, si era aperta di sera con le due scene ambientate nello stesso cenacolo, e si chiude simmetricamente di notte con due scene simili, entro due ambienti diversi ma connotati dalla stessa prospettiva semifrontale: Gesù davanti al potere religioso qui, e davanti al potere civile e religioso insieme, nel riquadro seguente (quel potere che – nel registro superiore – è incarnato da Erode: Fuga in Egitto e Strage degli innocenti).

Egli, rispondendo ad una precisa domanda, giunge alla dichiarazione esplicita: è "il Cristo, il Figlio di Dio". Giotto rappresenta l’attimo successivo a questa confessione: iroso, Caifa (riconoscibile per l’abito verdastro) si strappa le vesti di fronte alla "bestemmia". Gli siede a fianco Anna. Un soldato leva la mano a schiaffeggiarlo, e Gesù si gira a guardarlo, con la mitezza dell’agnello innocente che sta per essere sacrificato.

 

Pietro, il quarto da sinistra, osserva, nascosto tra la piccola folla: è privo di aureola, lui che per tre volte ha detto di non conoscere Gesù (Lc 22, 54-62). Rinnegamento: tradimento dell’Amico per paura di subire la stessa sorte. Mentre vediamo Gesù che si gira a guardare il discepolo, appena dietro il soldato dalla mano levata, possiamo immaginare il canto del gallo, poi Pietro che esce e piange amaramente: con quello sguardo Gesù lo ri-chiama e lui accusa il colpo. La differenza con Giuda non è in una capacità di coerenza, ma in questo attaccamento a Gesù, in questa affezione colma di stima, che sfonda il caratteraccio, i gesti violenti e istintivi, il tradimento: un legame così fortificato e purificato dal pianto doloroso che ancor più luminosa tornerà a brillare l’aureola. Un triplice "no", poi il pianto, soglia di quel triplice "sì" alla domanda che gli farà Gesù Risorto: "mi vuoi bene?" (Gv 21, 15-17). Al moralismo del mio sforzo doveristico si oppone la moralità come semplice "sì" al Suo fascino, al Mistero che si è fatto un Tu presente. Ti voglio bene, io che nemmeno oso guardarTi in faccia dopo che ti ho tradito.

Infine un’eloquente "tripletta". Nella tradizione bizantina i comuni mortali sono di profilo, mentre la posizione frontale si confà alla dignità divina di Cristo e a quell’apice dell’umano (strumento divino per operare la giustizia in terra) che è l’imperatore. Giotto, che finora ha sottolineato l’umanità di Gesù dipingendolo di profilo o di tre quarti, ce lo mostra ora frontale giusto quando Egli confessa la propria divinità. Stessa posizione in Gesù che sale il Calvario (ovvero in Colui che non teme di avviarsi a portare la propria divinità all’imo della kènosi) e nel Cristo che scende a operare la giustizia eterna, al centro del Giudizio universale della controfacciata. Una "tripletta" che invera l’affermazione della divina Paternità da parte di Gesù dodicenne – anche allora in posizione frontale – ritrovato fra i dottori del tempio.