17. Presentazione di Gesù Bambino al tempio
(alta definizione)

"Ipapante", cioè "Incontro" (questo l’antico nome orientale della festa): l’incontro tra l’attesa d’Israele (ma di ogni uomo vero) e il suo compimento; "candelora", col nome nato in Gallia e caro al popolo: la luminosa processione delle candele.

Giotto mette in scena questa grande festa, che chiude le celebrazioni natalizie e apre il cammino verso la Pasqua, rappresentando parola per parola Lc 2, 22-40. In ossequio alla legge di Mosè, Maria e Giuseppe giungono processionalmente al tempio per consacrare al Signore il primogenito; Giuseppe offre in sacrificio una coppia di tortore. Il tempio che incornicia Gesù bambino è lo stesso tabernacolo da cui fu cacciato Gioacchino e a cui era stata presentata Maria bambina: "cellula spaziale" tre volte iterata; sull’altare c’è la stessa tovaglia che abbiamo visto – lì di fronte – nelle scene che preparano il matrimonio tra Maria e Giuseppe (Consegna delle verghe e Preghiera per la fioritura delle verghe).

Giotto guida i nostri occhi sugli occhi di Simeone e Gesù che si guardano l’un l’altro. Il vecchio, colui che aveva speso la vita aspettando "il conforto d’Israele", ora lo può contemplare e prenderlo "tra le braccia": ora – dice – posso andare in pace "perché i miei occhi hanno visto"; la "salvezza", la "luce" è questo bambino in carne ed ossa che posso toccare, che adoro. Le mani di Simeone sono celate sotto il mantello, in atto di suprema reverenza, di deferente distacco.

Sia l’ottantaquattrenne profetessa Anna, sia l’angelo che la sovrasta, "in-segnano" con la mano destra quel Bambino, il quale a sua volta "in-segna" la Madre. Le mani di Maria "con-segnano" quella creatura così sua e così di un Altro. Le mani della Madre e del Figlio si cercano, ma in un distacco. "Se ne sta già andando" pensa tra sé la Donna, il cui infinito stupore appare intriso di pacato dolore: "E anche a te una spada trafiggerà l’anima". E’ già in cammino verso il Golgota. La gloria regale di quel Bambino passerà attraverso la croce: ma il destino è la gloria e la pace per la promessa compiuta, come suggerisce il sottile caduceo tenuto in mano dall’angelo. Per questo ogni sera la Chiesa suggerisce di recitare, a Compieta, quel vero e proprio inno al compimento che è il Cantico di Simeone. Gli occhi hanno visto, le mani hanno toccato: è una realtà, non un pensiero.