Di fronte ad una inimmaginabile pretesa

 

Trio con pianoforte n.2 op. 100


(FRANZ SCHUBERT)

 

“Il Trio op.100 di Schubert ci propone idealmente il cammino di un uomo (quasi il percosro di ciascun uomo) che appare sulla scena del mondo” (Luigi Giussani).

 

1. Primo tempo: (allegro) l’uomo entra baldanzoso e pieno di impeto positivo nella vita; ma la sua voglia di intrapresa e la sua energia si scontrano ben presto con problemi, incertezze, dolori.

2. Secondo tempo: (andante con moto) la struggente e melanconica tristezza di chi desidera andare fino in fondo alle cose, ma è consapevole della povertà dei mezzi a disposizione; l’esigenza di felicità dell’uomo viene messa alla prova, la domanda sul destino si fa ineludibile e drammatica.

3. Terzo movimento: (scherzo) è il tentativo di distrarsi dal dramma vissuto, di dimenticare la domanda profonda che continuamente insorge. Ma è un atteggiamento irragionevole, senza prospettiva.

4. Quarto movimento (allegro moderato) il desiderio del compimento e la debolezza umana si scontrano nuovamente, fino all’esaurimento delle energie. La domanda sul destino, nella forma della melodia melanconica del secondo movimento, ritorna due volte, drammaticamente.

Ma nelle ultime battute avviene un fatto straordinario, imprevedibile. E’ l’incontro con qualcosa di bello, carico di positività per la vita. La domanda sul destino si libera in una risposta defintivamente positiva. Il cammino dell’uomo così diviene cammino verso il compimento.

(sintesi del commento di Luigi Giussani nel CD  della collana Spirto Gentil, ed. Sony)

 

Quest’opera di Schubert si presta bene ad esprimere il passaggio dal senso religioso all’avvenimento cristiano: riprende infatti la drammatica domanda dell’uomo circa il suo destino e la propria incapacità di realizzarlo; e nello stesso tempo descrive l’irruzione di un fatto nuovo, che convoglia la vita nella positività. Il cristianesimo è precesimente questa novità che irrompe nella vita: è un avvenimento imprevisto e imprevedibile.

 

Ecco come ancora Luigi Giussani descrive in suo testo (Generare tracce nella storia) l’esperienza dell’incontro con questo avvenimento.

 

“Dopo essere stati lì per ore ad ascoltare quell’uomo,a guardarlo parlare – chi era colui che parlava così? Chi altri aveva mai parlato così? Chi mai aveva detto quelle cose? Mai sentito, mai visto uno così! - , lentamente dentro il loro animo era emersa una impressione precisa: “Se non credo a quest’uomo, non credo più a nessuno, neanche ai miei occhi”.

 

Riconoscere quell’uomo, chi era quell’uomo – non fino in fondo e dettagliatamente, ma nel suo valore unico e imparagonabile (“divino”) – doveva dunque essere facile. Perché era facile riconoscerlo? Per una eccezionalità senza paragone…

Quell’uomo corrispondeva in modo inimmaginabile alle esigenze irresistibili e innegabili del cuore. Nessuno era come quell’uomo: nell’incontro con lui si realizzava una inimmaginata, inimmaginabile, mai provata corrispondenza al cuore. Che stupore senza precedenti deve aver suscitato nei due che per primi lo avevano conosciuto, e poi in Simone, Filippo, Natanaele!

 

Non solo fu facile riconoscerlo: era facilissimo vivere il rapporto con lui. Bastava aderire alla simpatia che faceva nascere, una simpatia profonda, simile a quella del bambino con sua madre.

Ora, quel Fatto, l’avvenimento di quella presenza umana eccezionale, si pone come il metodo scelto da Dio

-per rivelare l’uomo a se stesso,

-per risvegliarlo ad una definitiva chiarezza riguardo ai propri fattori costitutivi,

-per aprirlo al riconoscimento del proprio destino e sostenerlo nel cammino ad esso,

-per renderlo, nella storia, soggetto adeguato di una azione che porti il significato del mondo.

Fu così per Maria e per Giuseppe. Fu così per Giovanni e Andrea, che andarono dietro a Gesù per il cenno di Giovanni Battista. Dio entrava come avvenimento nella loro vita. Tutta la loro vita dipese da quell’avvenimento. E’ così oggi per noi.

 

La fede è riconoscere una presenza eccezionale, corrispondente in modo totale al proprio destino, ed è aderire a questa Presenza.

La fede è riconoscere come vero quello che una presenza storica dice di sé e che ora, per il modo eccezionale in cui quel Fatto ancora mi raggiunge, accetto anch’io.”

(dalle pagine 12-24)

 

Nell’uso didattico di questo trio di Schubert si consiglia l’ascolto del quarto tempo (circa 13 minuti), con introduzione su ciò che lo precede. Può essere spunto di discussione sulla natura dell’avvenimento cristiano e sulla esperienza che si ha di esso.